Saimir

Dai giovani milanesi agli immigrati albanesi, dagli “emersi” ai sommersi. Per un caso curioso insieme a L’uomo perfetto esce Saimir , che ne è l’esatto rovescio. Accostarli è arbitrario ma forse istruttivo. Saimir ha 16 anni, è albanese, aiuta il padre che traffica in clandestini per rifornire di braccia le aziende agricole del litorale laziale. La cosa non gli piace, ma la rivolta scatta solo quando, una notte, scopre di aver introdotto in Italia una ragazza destinata al marciapiede e “iniziata”, cioè stuprata, quasi sotto i suoi occhi, mentre gli sfruttatori si fanno un bicchiere (scena semplice ma di intensità quasi insostenibile, che dà la misura del talento di Munzi). Figlio contro padre, dunque. Nuova immigrazione contro vecchia. Perché se il padre vuole integrarsi risposando un’italiana, Saimir non s’intende con i coetanei né con la ragazza di cui è innamorato ma che lo teme. E finisce per farsela con un gruppo di zingari delinquenti (altra scena molto bella: i ladri ragazzini a bocca aperta di fronte al lusso della villa svaligiata). Concretezza, senso dei personaggi, gran direzione degli attori, tratto denso ma preciso che concentra segni e conflitti di un’epoca in pochi destini: un regista è nato. Vedremo se gli si offrirà il terreno per crescere.(Il Messaggero)

Cast: Mishel Manoku, Xhevdet Feri, Lavinia Guglielman, Anna Ferruzzo.